Giorno Quarto

Ciao,
come va? Bene, male o normale?
Io, rispondo sempre normale perché mi sembra la risposta giusta, azzeccata. Stare bene è troppo, stare male non è quasi mai vero.
Io sto normale. Perché la normalità non esiste. Quindi in realtà sto bene, secondo il mio punto di vista. La mia normalità diversa.

Ho fatto un patatrac. Comunque, oggi ho continuato ad apprezzare la mia città. Una cittadina, nell’entroterra abruzzese. Abito a Chieti alta,
non Chieti scalo. In realtà sono la stessa città, stesso comune. Ma, due realtà diverse. Per motivi positivi o negativi.

Parlo di Chieti alta, solo per esperienza. E’ una bellissima città, ma una città camomilla come la chiamano i teatini. Non succede mai nulla e quando succede qualcosa, quel qualcosa diventa un fatto di cronaca. Scherzo!!!!

Chieti ha un centro storico bellissimo, antico. Vie caratteristiche e pati di case sensazionali. La scorsa settimana, ho visitato una casa in centro. E ne sono rimasto affascinato. La casa si trova all’interno di una via stretta, apparentemente senza luce, buia.

Entrando da un portone grandissimo, mi sono imbattuto in un corridoio, con mattonelle verdi e bianche, che sprigionava una luce forte ed intensa, proveniente da grandi finestre. L’appartamento era al secondo piano: luminoso, amplio. E aveva un panorama “che te lo dico a fare?”. Da lì, si vedeva il mare e le case, grandi e piccole, facevano da sfondo. Uno sfondo stile Casa della Prateria. Solo stile, però. ;)))

Chieti ha anche molto verde, aria pulita. Amo passeggiare dietro alla Civitella (Anfiteatro Romano) con il mio cane, perché ho la sensazione che la natura, per un pò, si unisca ai miei pensieri.

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Di Chieti, non amo le persone. Alcune sì, intendiamoci. Ma, la mentalità non la sopporto: una mentalità borghese, dove tutti cercano di nascondersi dietro ai ruoli imposti dalla società. Sono tutti personaggi e pensano che essere avvocati, commercialisti, notai, professori, sia l’unico mezzo per esistere. Non sapendo che l’esistenza è essenza, non apparenza.

Come in tutte le cose, anche nelle città, ci sono aspetti che amiamo. Altri un po’ meno. Ma, è proprio nella mediazione che sta la normalità, ritornando alla frase iniziale.

La nostra mediazione, non quella altrui. Perché la normalità assoluta non esiste, quella relativa ci permette, invece, di incastrare pezzi di un puzzle. Che molto spesso, perdiamo per strada.

Un bacio,

Il Vostro Morel

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Giorno terzo

Ciao,
scusate per la punteggiatura, ma scrivendo dal tablet, a volte gli accenti, non sono scritti nella maniera giusta. Perdonatemi!
Sono sulla poltrona. Oggi relax totale. Ho mangiato a casuccia mia, senza nessun tipo di distrazione dolciaria. Meglio per me. E per fortuna dice il sottoscritto. Voi che avete fatto? Avete mangiato?
Mentre mi rilasso, penso. A nulla di filosofico. Oggi e’ festa.
Penso a quelle persone che hanno un’attivita’ o un lavoro importante, di vitale importanza a detta loro, che non fanno altro che lamentarsi o mettere alla berlina (in particolare sui social) le loro imprese lavorative. Tipo :”Stamattina mi sono alzata alle quattro ed ho dovuto fare questo, quest’altro e quest’altro ancora!” Ma chi cazzo te lo ha chiesto? Come se io tutti i giorni scrivessi: “Non riesco ad andare in bagno! Aiutatemi! Ho un pezzo di m… che fa fatica a scendere!” Scusate la volgarita’. Ma, quando ci vuole ci vuole. 😬
Poi, dico tra me e me: “Qui c’e’ un problema di fondo, perche’ chi vuole necessariamente esternare quello che fa, come lo fa e perche’ lo fa, ha un livello di insicurezza tale, che cerca l’appoggio diretto ed indiretto di qualcuno, per brillare.” Ricordiamoci che la luce sta dentro di noi e non fuori. Il fuori ci puo’ prendere pure per il culo. Come molto spesso accade. 😟
Dopo le professioniste, penso anche ai belli o ai finti belli. Sempre sui social. Chiariamoci 😁. I belli, sui social, sono sempre boni. Postano foto quasi per niente ritoccate, perche’ anche l’unghia del piede ha un valore aggiunto. Loro sono belli. Punto. Quando scrivono “Ops! Sono uscito male”, li ucciderei di botte. Li’, in quel momento, che il bello decade. E per me dimenticato nell’oblio. Ci risiamo ancora una volta con la parola “Insicurezza”. E io che non volevo fare le filosofie!
Infine, per oggi, ci sono i/le finti/e belli/e. Quelli/e brutti/e nella realta’, che postano foto alla Bele’n, mentre si fa il bagno, cosparsa da oro, incenso e mirra. E ci riescono anche bene! A volte, sono la fotocopia della mamma di Santiago, ma quando li/le vedi dal vivo, puoi solo farti una risata. E basta.
Infine infine, volevo solo dire che l’insicurezza esternata la brucerei al fuoco, come le costatine di agnello. Mentre, l’insicurezza nascosta, quella che non appartiene alle professioniste, ai belli e i brutti dei social, la userei per capire molte cose.
Perche’ diciamocelo l’insicurezza senza conferme ci porta a superare i nostri limiti. Quella con conferme, a non andare avanti.
E io che volevo dire solo due cose!

Il vostro Morel…
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Emanuele Morel

Giorno Secondo

Ciao. Siamo quasi a Natale. Meno due. Siamo in quel periodo dell’anno in cui i parenti litigano di più. Durante i mesi si ignorano e a Natale fanno finta di condividere qualcosa. Passioni, pensieri, parole, opere e opinioni.

La cosa che odio di più è questo finto perbenismo. Perché uno può benissimo salutarsi. E finisce la storia. Senza scambiarsi effusioni inutili. Che spingono i parenti serpenti ad aumentare quell’odio, che non esiterebbe senza quei minuti di effusione.

Tralasciando questo aspetto, che esiste, voglio parlare di altro. Di quelle persone che incontri, per anni. Sotto casa, al bar, in palestra, al supermercato, al cinema, al mercato. Ovunque. Che per motivi inesistenti non saluti.
In realtà,vorresti sapere tanto. A, volte anche tutto. Con chi sta, con chi va a letto. E’ gay, etero, bisex, trans o trav?

Ti rompi il cervello. E non fai il primo passo, tu, perché provi una sorta di vergogna. Vergogna che nasce da dove? Me lo sapete dire? Bah…

L’altro giorno, andando a consegnare una cosa per conto di un mio amico, mi sono imbattuto in un uomo, che ho visto sempre, in giro. Che ho squadrato, nei minimi dettagli. Che ho considerato sempre rozzo e misterioso. Con il quale ho instaurato un rapporto di sguardi. Di sguardi autentici finti. Perche’ erano autentici solo da parte mia.

Comunque, quell’uomo, da uomo burbero e misterioso e’ diventato gentile, cordiale e simpatico. Questo per farvi capire che a volte ci creiamo delle storie in testa, che prendono altre direzioni quando dobbiamo fare i conti con la realta’.

E a voi è mai capitato?

Un besito,

il Vostro Morel

Giorno Primo

Sono tornato, in realtà non sono mai sparito. Ho capito solamente che il mezzo facebook, non è un mezzo adatto a me. Per scrivere, per raccontare. È una realtà troppo veloce, che corre. In fretta.
Avevo pensato anche di scrivere un libro, ma in quel caso la riflessione prende il sopravvento. Il libro, al contrario è troppo lento. Ti immergi in situazioni belle, scopri cose nuove, ti addentri nel profondo. Ma, la comunicazione non è istantanea. E non è detto che quello che scrivi venga letto, perché nella maggior parte dei casi viene chiuso nel cassetto. E la chiave buttata.
Scriverò, come se scrivessi un diario. Come se scrivessi a qualcuno, che in realtà sono io. Perché scrivere a qualcuno che sei tu è il miglior mezzo per capire chi sei, chi sono gli altri. E chi è la realtà che ti circonda.
Come sempre non parlerò di me, in prima persona. Parlerò di ciò che accade, prendendo spunto da ciò che vedo e percepisco. Non dirò mai: “Sono andato al cinema e ho mangiato le patatine di tale marca”. Perché la comunicazione minuziosa e commerciale non mi appartiene. Senza criticare chi lo fa. Inoltre, non scriverò per obbligo, perché la scrittura obbligata solo per postare qualcosa, non mi appartiene nemmeno. Non scriverò nemmeno per fama e successo, perché la scrittura perderebbe il senso.

Grazie a chi mi seguirà e anche a chi non lo farà,

Morel