30 settembre: Buio

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Buen@s,

Non ho paura del buio reale. Quello che riscontri di sera, quando il sole inizia a calare.

Io, di notte, dormo. E anche se dovessi alzarmi, non mi lascio trasportare da quel bastardo che rende la notte, per alcuni, gelida. Mi sono sempre chiesto chi fosse quel bastardo, e forse sono riuscito a trovare la risposta.

Vi spiego.

Quel bastardo si insedia nelle persone anche di giorno.

Quando felice vai a fare la spesa al supermercato e poi ti rendi conto che non hai comprato quella cosa che ti serviva. Rientri, ed esci nuovamente. Mentre ti rechi verso la macchina, felice di tornare a casa, ecco che un cane ti fa cadere a terra. Di corsa al pronto soccorso. Ambulanza chiamata dagli altri acquirenti. E per fortuna hai una prognosi di un mese.

Quel bastardo si nasconde nei giardini pubblici, mentre bambini giocano felici. Improvvisamente distratti da un uomo nero, che promette loro le caramelle. Un uomo nero e buio di cui non vediamo mai il viso. Nemmeno i bimbi si ricordano com’è fatto. Un uomo nero che offre caramelle in cambio di prestazioni sessuali. Per fortuna, le mamme ansiose, molte volte si accorgono di questa figura losca. E denunciano l’accaduto o non fanno andare più i bambini al parco.

Quel bastardo si nasconde nei rapporti non consenzienti. Nelle case di professoresse, che pensano di andare a dormire, come tutti i giorni alla stessa ora. Professoresse che non hanno mai fatto del male a nessuno. Che subiscono, perché loro si fanno scivolare tutto addosso.

E una sera qualunque, di un giorno qualunque, un marito per nulla contento e molto autoritario le fa andare direttamente al campo santo, senza che nessuno possa sentire quell’urlo di disperazione. Un urlo di addio alla vita.

Il buio si insedia in angoli nascosti. Angoli luminosi, che risplendono in case di ricchi, poveri. Patrizi o plebei.

Il buio stravolge le cose, aleggia nell’aria e colpisce chi vuole lui.

Mil besos, 

Em@

29 settembre: Fa molto male.

Buen@s 

Ho appena preso la corriera. Come al solito, a quest’ora.
Uso i mezzi perché sono più comodi e poi non so guidare. Sono sul serio una frana.
Il traffico mi isola in uno sciame di macchine che non conosco.
Fuori due signore discutono. E le guardo perché mi fanno tenerezza. Non stanno litigando animatamente, ma tra loro qualcosa non va.
La più anziana vuole una spiegazione su una questione, che purtroppo non conosco.
La più giovane diventa rossa e cerca di parlarle sopra, senza ascoltare la simpatica quasi nonnina.
Sono vestite quasi uguali. Simili di viso e di sguardi incavolati. Simili nei gesti e nelle posture senza senso.
Alla fine, fanno pace e quel litigio quasi animato si trasforma in un sorriso complice. Complice come una relazione tra madre e figlia, che prima puntano un dito e poi lo tirano indietro.

L ‘autobus rinizia a muoversi. Inizio ad allontanarmi da quelle due figure, che pian piano diventano un puntino piccolissimo. Per poi scomparire.

Arrivato a destinazione ripenso a quel momento perché un rapporto così non ce l’ho più da tempo.

E ciò mi fa molto male.

Mil besos,

Em@

28 settembre: quel fiore che aspettavo…

Buen@s,

Ti ricordi quando mi portavi un fiore per il mio compleanno? I miei compleanni?
Cambiavi fiore ogni volta: rosa, margherita, girasole.
Io lo prendevo e lo curavo. Lo mettevo nell’acqua e rimaneva vivo per qualche giorno.
In quei giorni, lo osservavo e mi dicevo: “Che bel pensiero!”
Lo odoravo ed immaginavo di passare una serata con te. Come due persone che si vogliono bene. E che forse si amano.
Quando i giorni fiorenti terminavano, il fiore lo riponevo in un cassetto.
Ora, ti scrivo, mentre osservo questo cassetto pieno di natura morta.
Perché io e te eravamo come quel fiore.
Stavamo insieme due. Tre giorni.
Giorni idilliaci, senza macchia. Giorni di sorrisi e sguardi complici.
Dopo quei giorni, il nostro amore appassiva come quel fiore che mi regalavi.
Perché tu tornavi da tua moglie ed io seduta in poltrona, aspettando una chiamata.


E senza dire mai nulla.


Perché ti amavo e ti amo ancora.

Elsa.


Mil besos,

Em@

27 settembre: E ora non so che fare.


Buen@s, 

Ho camminato per mesi. Girato posti. Visto ruscelli ed erba sempreverde.
Ho amato senza definizione quattro ragazzi. Non insieme. Uno dopo l’altro.
Ho letto molto, scoperto posti esotici. Monumenti d’incanto. Silenzi che non conoscevo. Mai percepiti.
Ho fatto l’amore in spiaggia, al cinema e al parcheggio del supermercato.
Ho detto ciao, mentre ero in macchina, a sconosciuti. Che stupefatti si chiedevano chi fossi.
Ho assaporato cucine. Gusti nuovi. Gusti che conoscevo, ma completamente diversi.
Non mi sono mai fermato.
Ho sempre reagito ed agito.
E ora che mi trovo davanti alla porta della mia casa di sempre, non riesco a controllare l’equilibrio che mi sono costruito.

Sono fuggito. 

E ora che sono tornato, non so che fare.

Mil besos,

Em@

26 settembre: Tornerò domani, forse no.

Buen@s, 

Torno a casa da scuola. Tutti i giorni. Alla stessa ora.
Apro la porta. Entro.
Guardo se è tornato qualcuno. Ma, non torna mai nessuno.
Io, continuo a guardare, perché mi sento sola. Ho solo 16 anni.

La tavola, come sempre, non è mai imbandita.
Prendo la tovaglia, metto un piatto. Poi un bicchiere. Poi la forchetta.
Apro il frigo: due wurstel.
Prendo una scatoletta di mais dalla credenza.
Verso tutto nel piatto.

Mangio sola.
Ci metto più del dovuto perché immagino di avere due sorelle con cui parlare di compiti, vestiti, interrogazioni.
Immagino una mamma che mi versa dell’acqua e me la rimette. Senza che glielo chieda.

Continuo a mangiare.
A fissare dall’altra parte del tavolo un padre immaginario. Perché quello reale non esiste. In verità, esiste. Ed è vivo.
Ma, è assente.

Dopo il pranzo,
lavo il piatto. Poi il bicchiere. Poi la forchetta.
Ripongo la tovaglia.
Vado in bagno. Poi in camera a fare i compiti.

Alle 9 tornano i miei genitori.
Rimango in camera perché quasi sempre mi addormento.
Loro non entrano. Non cercano nemmeno di bussare.

Perché sanno che ogni mia parola diventa fuoco.

Appoggio la testa sul cuscino.

Mi sveglio l’indomani quando i miei sono usciti.

Faccio colazione.

Esco.

Vado a scuola.

Oggi non rientro. Tanto nessuno se ne accorge.

Tornerò domani. Forse no.

Mil besos,

Em@

25 settembre: Passi…

Buen@s,

In sala d’aspetto.

Tra poco avrò i risultati. Che paura!
Non voglio pensare al responso, anche se so che, nel caso in cui sia positivo, la mia vita cambierà. Cambieranno i giorni.

Mentre attendo, osservo la sala.
Ci sono solo io. Indifesa e incosciente.
A volte, si fanno le cose senza pensare.
Senza pensare alle conseguenze.

La finestra è aperta. E la vita scorre. Scorrono i passi delle persone che passano: i ragazzini colpiscono la palla, le donne impegnate indossano tacchi. Le gambe di due donne sfregano una busta della spesa. Quella di plastica pesante che compri alla Conad.

Mentre attendo, penso a quei passi. Passi che calpestano vie che conosco e che non fanno paura.
Vie che accolgono due pasticcerie aperte di domenica mattina. Quando la settimana è finita. E la tensione scompare.

È arrivato il mio turno.
I passi della segretaria si sentono prima in lontananza. Poi più vicini. Poi si incrociano con il rumore della porta che si sta aprendo.

Signora Vaudetti è il suo turno – mi dice la segretaria.
Mi alzo da una sedia quasi comoda, con formicolii che insediano il mio corpo già provato.

Ho paura. È l’ora di entrare. Mentre in lontananza continuo a sentire i passi degli altri che calpestano sentieri già collaudati.

Mil besos,

Em@

24 settembre: Il libro della settimana (Una storia quasi solo d’amore di Paolo Di Paolo)

Buen@s,

oggi vi lascio con una videorecensione fatta dal sottoscritto.

Mi scuso anticipatamente per l’immagine, ma trasportando il video su youtube ha perso la qualità. Sicuramente la prossima volta lo registrerò di giorno e davanti alla luce del sole.

Il libro della settimana è “Una storia quasi solo d’amore” di Paolo Di Paolo.

Mil besos, 

Em@

23 settembre: solo il mare…

Buen@s,

È abituato a leggere, mentre osserva il mare.
Un mare che lo distrae, che lo rende meno triste.
Tutti i pomeriggi di ogni giorno ne sente la mancanza, prende il motorino e si fionda in prima fila. Tanto sa che non arriverà nessuno.
Si lascia cullare dalla salsedine, a volte dal sole. Altre dalla luna, che accenna il suo profilo.
Viene anche d’inverno dopo un temporale. Quando un vento gelido si scaglia contro onde per nulla tranquillizzanti.
A lui non interessano le stagioni, i giorni festivi, quelli tristi o di gioia.
A lui interessa il mare: la sua unica abitudine che lo rende diverso.
Mai solo, sempre riflessivo, divertente a volte.
Unico nella sua abitudine. La sua abitudine speciale.

Mil besos,

Em@

22 settembre: stella cadente

Buen@s,

Conto le stelle quando mi va. Allungato sul prato di casa mia, quasi mai verde.
Guardo il cielo e inizio a contare: 1,2,3,4.
Ora, è una sera d’agosto e le stelle sono tante. Vorrei qualcuno vicino a me. Ma, non è un problema!
Continuo a fissare le stelle. Quelle che cadono le vedo sempre quando non posso più esprimere un desiderio. Il desiderio.
Oggi, è stata una giornataccia. Ma, questo cielo mi rende sereno. Sembra di esserne parte integrante: stelle vicine, distanti, cadenti, fisse, immobili.
Stelle diverse che si uniscono per darmi uno spettacolo gratis.
Stelle che illuminano giorni bui, visi sconsolati, realtà che molte volte non si comprendono. Anche se usi tutta la ragione che hai.
Conto le stelle quando mi va. Oggi ne ho contate 30. Poi mi sono addormentato ed era già domani.

Mil besos,

Em@